lunedì 3 novembre 2014

MY THO - Delta del Mekong



Scappiamo dalla caotica Ho Chi Minh.
Siamo partiti la mattina presto facendoci dare un passaggio su un bus di un tour organizzato che ci ha lasciato poi alla stazione dell'autobus, da li solito taxi, ormai è d'obbligo, per l'albergo: 1 stella a My Tho, una cittadina che oltre a non averne quasi di alberghi, poi scopriremo non avere neanche ristoranti (se due tavolini bassi con sgabelli di plastica con qualche piatto di dubbia commestibilità si può definire tale). Fatto sta che a prima vista la camera sembra bella e spaziosa, ma dopo il primo minuto di abbaglio notiamo che non tutto è bello come sembra: per prima cosa la doccia non ha la tenda, infatti poi la sera diventerà una piscina olimpionica; le lenzuola sono sporche; gli asciugamani sporchi; il bagno sporco, con qualcosa di imprecisato e appiccicoso sul lavandino, insomma, tutto ciò che si può sporcare è sporco, ma ci faremo l'abitudine qui in Vietnam, forse. Poi la perla: la porta è storta, praticamente ha uno spiffero di quasi 3 centimetri nell'angolo in basso a sinistra e in alto a destra, neanche in coma etilico un falegname potrebbe arrivare a tanto, siccome da su un corridoio all'aperto ci allarmiamo per le zanzare e per i topi ma per fortuna delle prime non ce ne sono molte in zona (non avremmo mai detto!) e tappiamo il buco con un minimo di ingegno. Il primo programma della giornata è visitare il tempio più importante della cittadina, partiamo accompagnati dal nostro sudore (poca umidità) e dalla mappa dataci in prestito da Truck, un signore che ci porterà poi a fare un tour in barca nel pomeriggio. Si passa da un mercato, sembra di essere in un altro mondo, siamo gli unici occidentali (in tutto il giorno ne abbiamo incrociati sei), odori forti, sporcizia, sorrisi, tantissimi “hello” rivolti a noi, dai bambini agli uomini che bevono al “bar”, dai falegnami ai passanti, noi guardiamo loro, loro guardano noi, incuriositi, entrambi. Sembrano chiedersi tutti che diavolo ci facciamo li, forse non lo sappiamo nemmeno noi. Odore di Vietnam.
 
 
Il tempio non è un granché, come gli altri due o tre che abbiamo visto finora, sembrano troppo moderni, troppo colorati, anni luce lontani dalla bellezza e solennità di quelli giapponesi. Ma la lunga passeggiata è premiata anche da un piccolo pranzo da una signora dolcissima, che ci fa accomodare nei soliti tavolini in parte alla strada. Il problema è che serve solo drink, il suo non sarebbe un ristorante (quando si chiede se si può mangiare tutti annuiscono all'inizio, poi appena ti siedi e vuoi ordinare si scopre che non c'è cibo), però si inventa qualcosa, ramen iofilizzati, e per noi affamati e con poco tempo va benissimo, si beve la solita birretta (forse è meglio iniziare ridurre la razione quotidiana). Poi la signora ci offre due grossi pomodori, che non mangiamo e allora ce li mette in un celofan con ghiaccio nonostante proviamo a dissuaderla, continua a sorridere, si scrive anche il numero dei suoi anni sulla mano tutta fiera. Strana e adorabile signora.
Il pomeriggio ci sorprende. Partiamo per il giro in barca, il fiume è immenso, vi si trovano barche di pescatori, di commercianti, vi vivono dentro, nelle barche, usano l'acqua del fiume per tutto, dalle feci alla pulizia dei piatti e delle padelle, vi si lavano, capiamo quanto siano lontani anni luce il nostro mondo e il loro. Ci troviamo in un canale circondato da palme da cocco, “Vietnam Amazzonia” dicono. Il paesaggio è bellissimo, sembra di essere in un film, l'unico problema è il motore della barca, ogni tanto fa dei versi strani, tiene botta, poi si ingolfa, due minuti di riposo per lui, temiamo il peggio, dopo vari tentativi riparte, ripartiamo.
 
 
 
 
 
 
 
Ci fermiamo in una specie di fattoria dove producono miele, whisky di banana, dolci gommosi al cacao e ad altri vari gusti. Truck, la “guida” apre una gabbia, e tira fuori il piccolino, ha appena due anni, che tenero, da anche i baci sulla guancia, ah, è un pitone di quasi 3 metri. Ci sediamo in una terrazza immersa nel verde, tetto fatto con le foglie di palma, mangiamo frutta; in questi giorni continuo ad assaggiare cose e frutta di cui ignoravo l'esistenza. Ci portano in un altro isolotto, facciamo una passeggiata tra le fattorie del posto, ogni tanto Truck prende qualche erba in parte alla strada, ce la fa mangiare (ormai le regole per non prendere qualche batterio dell'intestino sono saltate tutte, speriamo di aver fatto gli anticorpi) “questa sa di menta”, “questa la usiamo per il sugo” “questa serve contro la malaria” “questa va bene per la donna” “questa per l'uomo”(a letto ovviamente), “questa tiene lontano i serpenti e viene piantata nei pressi delle case”dice... scopriamo cose interessantissime, di come questi uomini si sono arrangiati, e ancora lo fanno, senza la miriade di medicinali che si trovano nelle nostre farmacie. Ci sono tanti cani, galline, si è immersi nella natura, coi bambini che giocano e alzano il braccio intonando il solito “hello”.
 

 
Poi passiamo nell'isola dei coccodrilli, ma sono rinchiusi in recinzioni quindi non è molto interessante, torniamo alla terra, bellissima giornata, bellissima avventura, ti rimane qualcosa. Usciamo la sera per mangiare, con difficoltà troviamo qualcosa, altra dura prova per il nostro intestino, altri anticorpi, ormai ne abbiamo fatti abbastanza. Si spera.

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