giovedì 6 novembre 2014

CAN THO - Gioie e dolori



Can Tho ci sarà difficile scordarla, nel bene e del male.
Tutto ha un inizio e tutto ha una fine, e nel nostro caso l'inizio coincide con la fine. Purtroppo.
Veniamo portati con gli scooter sudando freddo da Turck, il tizio che ci ha portato in giro per My Tho, e un altro tizio muto, o presunto tale, a un benzinaio per prendere il bus per Can Tho. Sembra il mercato: una testa spunta sempre dai finestrini dei bus ed urla il nome della destinazione, se non si fa un cenno tira dritto. Arriva il nostro. Dopo varie raccomandazioni di Turck che non avremmo dovuto più pagare niente lo prendiamo e naturalmente subito dopo la partenza ci viene chiesto di pagare, anzi, Lei ci chiede di pagare: essere tondo, scimmia urlatrice di 80kg, gentilezza di impiegata postale col ciclo, e qua mi fermo semmai diventerei volgare. Non sa dire altro che “money! Money!”, tento di spiegarle, poi mi incazzo, alzo la voce pure io, pago. Sono uno stupido. Ma la mia stupidità andrà oltre.
Arrivati, il taxi per l'hotel ci lascia in una stradina che percorriamo tra casette e piantagioni, inizia a gocciolare piano, sempre più forte, un acquazzone, arriviamo all'hotel nel momento che Noè con l'arca passa per salvarci. Grazie lo stesso, gli dico.
Stavolta lo abbiamo scelto bene “l'hotel”: una capanna. Ma che Capanna, che posto... In riva al fiume, 6 capanne con tetti in foglie di palma, pace. Sembra di essere nel film “the beach” con Di Caprio. La hall è formata da un computer portatile su uno dei tavolini di bamboo nel “ristorante” dell'albergo, tutto è fatto di legno e bambù. Se fosse su un albero ci sentiremmo quasi Tarzan e Jane... Cita e Jane. Pomeriggio di relax assoluto, il primo, e ci voleva.




La sera si sta qui, per arrivare al primo ristorante bisognerebbe prendere un taxi, provo il vino di serpente che ha due cobra nella bottiglia, simile alla nostra grappa, proviamo due cocktail: il mio col cocco, però di cocco non ne vedo, forte, imbevibile; va meglio a Marika con il suo al dragon fruit.
Sveglia alle 5.00AM, inaspettatamente non siamo due zombie. Visita con barca al mercato galleggiante, bello e caratteristico con i commercianti con sopra le loro barchette frutta e altro che si avvicinano a quelle dei clienti per contrattare, e via di foto. Unico neo i giubbotti di salvataggio che ci fanno indossare e ti fanno sembrare uno stupido turista, poi ci pensi, turista lo sei, stupido pure.




Dopo una veloce visita all'adiacente mercato su terra, tra i soliti forti odori, oche, rospi legati tra loro con spaghi per non farli fuggire, uova fecondate da mangiare crude (nausea al pensiero), torniamo alla base e partiamo per una gita in bici della zona. Visitiamo una scuola, che però essendo domenica è vuota; una fabbrica di riso; una fabbrica di vino di riso, che grazie alla mia esperienza ne azzecco quasi la gradazione e “vinco” uno shortino alle dieci di mattina. Qui vi sono anche delle scrofe ubriacate per stare a terra e allattare i piccoli, non un bellissimo spettacolo. Poi visitiamo un tempietto dove abitano dei ragazzi orfani, una ragazzina carinissima con un bambino ci avvicinano e tentano di parlarci un po in inglese, lei ha dei modi di fare dolcissimi. La capo monaca invita il nostro gruppetto (cinque occidentali) a pranzare, accettiamo. Naturalmente si mangia vegetariano per mia sfortuna. Una vecchia ci mostra come mischiare il cibo mescolando con le sue mani rugose e umide, poi me lo porge. Mangio ripetendomi che saranno state bagnate di acqua, ci credo ancora.
Uscendo dal tempio la ragazzina di prima si avvicina e regala un anello a Marika, che quasi piange dalla felicità.



Check out. Ci avviamo in taxi alla stazione dei bus, non facciamo in tempo a scendere che veniamo assaliti da uomini che urlano la nostra destinazione: Ho Chi Minh. Li seguiamo. Qui si torna all'inizio del post, ricordate la “graziosa” signora lottatrice di sumo del bus? Ebbene si, ci portano da lei, ci mostra i biglietti, io stupido, senza un motivo, accetto. Nonostante la ragazza italiana che ho di fianco e mi sopporta in questo viaggio mi dica piu volte di non farlo. Saliamo sul bus dell'andata: ODISSEA. Riassumendo:
-gli ammortizzatori non esistono
-le mie gambe (e non sono un gigante) non ci stanno tra i sedili
-abbiamo gli zaini sopra le nostre gambe
-si urla ogni 30 secondi a tutta la gente in fianco alla carreggiata, chissà, magari uno che è li a grattarsi i maroni decide di prendere un bus
-comincia a riempirsi il bus
-si riempie...
-...ma siamo in Vietnam, non importa
-spuntano degli sgabellini e la gente viene incastrata nei minuscoli corridoi di 40 centimetri
-non importa, si sale ancora
-un vietnamita ritardato dietro di me non ha il controllo delle sue mani, e ogni 5 minuti le picchia contro la mia testa
-suo figlio mi ruba il keeway, riesco a riprendermelo alla fine quando sta scendendo con esso
-tutto questo dura 5 ore, 5 interminabili ore
-fine
Anzi no. Il bus arriva ad una stazione molto lontana dal centro. Altra mezzora di taxi. Maledetto bus, maledetto io che l'ho scelto. Amen.


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