Laos, Luang Prabang, cittadina
tranquilla e vivibile.
Il Laos ci ha accolto con semplicità,
con il suo piccolo aeroporto “internazionale” di Luang Prabang,
con gli addetti all'immigrazione divertiti dal nostro essere italiani
che abbozzano un per loro italico “grazias”, ringraziamo per la
buona volontà, ma l'unica parola che credono di sapere nella nostra
lingua è errata. Comunque sia usciamo dall'aeroporto e non c'è
anima viva, a parte quella dell'ultimo taxista rimasto nei paraggi,
che ci porterà al nostro hotel. Già dalla stradina stretta e buia
capiamo che qui non ci troviamo di fronte ad una città caotica come
quelle del Vietnam.
La città è tranquilla, senza i
continui clacson a cui ci siamo abituati, qui si può perfino
attraversare la strada senza rischiare ogni volta la vita, e ciò ci
piace molto. Ogni tanto spunta tra le case qua e là un tempietto,
niente di particolarmente maestoso, neanche tra quelli più grandi,
sembra che sia tutto a portata di uomo, la sera viene chiuso un
tratto della via principale e allestito sotto le tende un mercato
molto carino, dove i turisti passeggiano e comprano, ecco, forse uno
dei difetti della città è che è piena di turisti come noi, ma non
avete niente da fare? Andate a lavorare!
Tra i bambini e i ragazzi è usanza
passare un periodo, di solito tra i tre mesi e i tre anni, come
monaco in un tempio, perciò vedi questi gruppetti spuntare da ogni
angolo di strada, tutti con i sandali e la loro tunica solitamente
arancione, ridendo, mangiando cibo preso da qualche bancarella,
giocando con il cellulare... uno lo abbiamo visto fumare una
sigaretta, quello che fanno i monaci insomma... I monaci fumano??
ebbene si, qua sembra che le normali regole buddiste siano molto
elastiche per loro, d'altronde non sono che normali ragazzini, pronti
una volta terminato questo periodo di “rinunce” a tornare alla
vita normale, basta soffermarsi due minuti ad osservarli per
accorgerti di quanto siano simili a tutti gli altri ragazzini del
mondo nonostante l'abbigliamento. Ogni mattina i monaci sfilano per
le vie del centro città con la loro ciotola in mano, e i fedeli
porgono loro del cibo come tradizione, ormai rovinata dai turisti e
dai flash delle loro macchine fotografiche che rovinano l'atmosfera.
Siamo stati alcuni giorni a Luang
Prabang, ci siamo trovati bene, abbiamo fatto amicizia con dei
gattini che ogni tanto andavamo a trovare e abbiamo visto un po'
tutto quello che c'era da vedere, compreso le cascate di Tat Sae, di
cui ho già scritto, e le cascate di Kuang Si, più belle e maestose
e in cui vi è anche un centro di recupero per orsi, ma cascate
sfigate per Marika:
La prima sfiga è una delusione: per
arrivare alle cascate ci si poteva fermare al butterfly park, lei era
ansiosa di vedere le farfalle molto più che le cascate, ma purtroppo
quel giorno era chiuso. Forse la notizia del suo arrivo si era sparsa
in giro.
Poi, facendo la bulla e credendosi uno
stambecco saltellando per la salita del bosco che porta alla sommità
delle cascate,scivola. Forse perché NON è uno stambecco (anche se
ci assomiglia)?, e si fa un buchetto alla mano. Ma tranquilli c'è il
lieto fine: non gliel'hanno amputata..
Proseguendo, spinto da lei, titubante
ho acconsentito a fare un bagno nelle acque azzurre e ghiacciate del
posto. Sinceramente è stato molto piacevole, per me, mentre la
signorina, entrata in acqua, dopo qualche metro scappa via
terrorizzata perché qualcosa le ha ”morso” il piede. Bagno
finito (per colpa di piccoli pesciolini che beccavano anche me, ma io
essendo un vero macho di uomo sono rimasto in acqua, bravo me!)
Per finire nel rivestirsi, si mette un
calzino in cui è entrata una formica rossa che la punge.
Disperazione. Nasce il dubbio che sia velenosa. Chiediamo in giro. Io
prenoto già la bara per la sua misura, comincio ad avvisare i
parenti. Ma tranquilli, per “fortuna” non era velenosa, Marika è
ancora qui tra noi. Ringraziamo il cielo. Festa annullata.
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